Archivio per Categoria Storia del cinema

Didario

Il cinematografo

Il cinema è il mezzo espressivo più potente dell’ultimo secolo e mezzo, ci racconta storie senza tempo che viviamo come spettatori o sognando di esserne i protagonisti, facendoci ora piangere e ora sorridere, lasciandoci sempre un senso di ricchezza interiore al termine della visione di una pellicola. La presa che ha sul nostro immaginario è tale che anche il linguaggio che usiamo comunemente è stato ormai contaminato dalle frasi dei film più belli o che ci hanno più emozionato; non solo, così come succede per la musica, anche al cinema leghiamo spesso i ricordi dell’infanzia e della giovinezza.

La leggenda vuole che il “cinematografo”, com’era chiamato allora il proiettore, sia nato a Parigi nel 1895 in occasione della prima proiezione pubblica a pagamento, organizzata da Auguste e Louis Lumiere. Da tempo i due fratelli stanno effettuando una serie di esperimenti sfruttando la fotografia per riprodurre il movimento.

La prima pellicola mai girata e proiettata con il cinematografo è “L’uscita dalle officine Lumiere”, 45 secondi durante i quali gli operai di Lione escono dalla carpenteria in cui lavorano; l’impatto visivo suscita negli spettatori un enorme stupore. Celebre è la volta in cui alcune persone presenti tra il pubblico scapparono dalla sala alla proiezione de “L’Arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat”, temendo che il treno li investisse.

In generale, i primi film sono brevi documentari che hanno durata di circa un minuto e mostrano alcuni aspetti della vita quotidiana della Parigi di quel periodo: un treno che giunge in stazione, un figlio nutrito dalla madre ecc.

Eppure ad avere maggiore popolarità è “L’innaffiatore innaffiato”, unico film a non mostrare la realtà così come appare ma una messa in scena: un giardiniere viene colpito al volto dallo spruzzo d’acqua dell’innaffiatoio, bloccato colpevolmente da un ragazzo. A differenza delle pellicole dedicate alle scene quotidiane, accolte con grande meraviglia, in questo caso il pubblico reagisce ridendo di gusto.

In pochissimo tempo il cinematografo diventa la principale attrazione di mostre e spettacoli ambulanti e le pellicole si arricchiscono di nuovi soggetti, in particolare quelli che stuzzicano la fantasia degli spettatori, come i luoghi esotici e le situazioni di finzione. Mancando il sonoro, i dialoghi vengono sostituiti dalle didascalie che accompagnano le scene e spiegano il racconto. In alcuni casi sono accompagnate dalla musica suonata da singoli musicisti o piccole orchestre, in altri vengono lette e commentate da un imbonitore, il cui compito è spiegarle al pubblico.

Il dado è comunque tratto: da Parigi, in quel momento centro del mondo culturale europeo e internazionale, il cosiddetto “cinema delle origini” si diffonde in tutto il mondo, coinvolgendo un numero sempre più ampio di registi e operatori. Il linguaggio si arricchisce di nuove soluzioni e si fa più strutturato.

DiMagnus

Una carriera nel cinema: le cose da sapere

Diciamoci la verità: tutti noi, quando sogniamo a occhi aperti, immaginiamo di diventare famosi grazie alle nostre qualità. Più o meno a ognuno sarà capitato di vedersi regalare una ambita spunta blu su qualche social, oppure di arrivare primo in classifica, o ancora… di calcare un tappeto rosso.

Se il sogno è proprio quello della popolarità cinematografica, bisogna che siate realistici: come nella celebre canzone di Gianni Morandi, uno su mille ce la fa. Per iniziare a lavorare su una carriera del cinema, abbiamo raccolto alcuni consigli. Alcuni potrebbero sembrarvi controversi, ma leggeteli senza preconcetti!

L’importanza dell’aspetto fisico

Per un Peter Dinklage che riesce a diventare una star, esistono migliaia di attori che devono avere certi standard fisici da rispettare.

Per le aspiranti attrici, non deve esserci vergogna nel considerare di migliorare il proprio aspetto per aumentare le possibilità di lavorare: le protesi al seno rotonde disponibili sul mercato, per esempio, sono ormai prodotti di altissima qualità e con una invasività davvero minima – addirittura si fa fatica a vedere la cicatrice del piccolo intervento che serve a impiantarle, come spiegano bene i professionisti di Motiva, da anni ormai i leader nel campo delle protesi al seno rotonde. Un discorso analogo si applica al naso (a patto di non essere Rossy De Palma, la grande attrice spagnola che ne ha fatto il suo tratto distintivo!) o ai glutei.

Cultura: non un dettaglio

Ovviamente, chi ha studiato presso una scuola di recitazione ha un vantaggio rispetto a chi non l’ha frequentata, ma è possibile trovare ruoli e farsi notare anche senza questo percorso. È importante però che si tenga bene a mente la valenza del bagaglio culturale in un attore: chi recita deve avere buonissima memoria, un’eccellente dizione, cura per l’educazione, saper parlare più lingue, tutte qualità intellettuali che tornano utili sul set e nel rapporto con la troupe (regista compreso).

L’uso del corpo

Essere un pezzo di marmo in scena… Quante volte avete visto un attore che proprio non vi convinceva? Ecco, non fate quello stesso errore: costruitevi un elenco di interpreti di qualità e studiate il loro lavoro.

Contemporaneamente, migliorate la capacità di improvvisare sviluppando la mimica facciale per esprimere le emozioni: trovate un partner col quale provare e fatevi giudicare da persone esterne, certamente più obiettive di voi! Oltre a curare l’aspetto fisico (le protesi seno rotonde possono aiutare fino a un certo punto!) sviluppate di più il corpo in generale: per affrontare la maggior parte delle audizioni bisogna essere atletici e muoversi con leggerezza!

Didario

Hollywood e il Neorealismo

Quello che fa il cinematografo è unire tanti piccoli fotogrammi ciascuno raffigurante un’azione, la cosiddetta pellicola, un’invenzione semplice ma che ha un impatto enorme sulla società. E infatti passano pochi anni dalle prime proiezioni dei fratelli Lumiere che già nei primi del 1900 assistiamo all’esplosione di Hollywood, dove si radunano i migliori artisti, registi, attori e produttori per fare di Los Angeles la capitale del cinema.

Mentre si vanno affermando Charlie Chaplin e Buster Keaton, i grandi interpreti del genere comico provenienti dalla tradizione teatrale, i film si fanno più complessi, basti pensare a “Nascita di una nazione” del 1915 e “Intolerance” del 1916 del regista americano David Griffith.

L’affermazione statunitense in tutto il mondo occidentale si concretizza negli anni ’30 con l’invenzione del cinema sonoro e la nascita di una vera e propria industria di produzione cinematografica, basata su rigidi schemi lavorativi che semplificano e velocizzano grandemente tutte le fasi di realizzazione di un film. Mentre produrre una pellicola diventa via via più economico, la presa sugli spettatori è sempre più forte, anche grazie ai tanti attori di teatro che decidono di darsi al cinema: nasce lo “Star System”.

Hollywood diventa una vera macchina produttiva di cui sono classici esempi “Mister Smith va a Washington” (1939) e “La vita è meravigliosa” (1946) del regista Frank Capra; in questi anni l’unico a distinguersi nel panorama americano è Orson Welles, i cui film vengono respinti dalla produzione cinematografica hollywoodiana perché non conformi alle regole commerciali. Pellicole come “Quarto potere” (1941) e “L’infernale Quinlan”(1958) sono ricche di trovate artistiche che resteranno impresse nella memoria collettiva.

In Italia il cinema vive la sua straordinaria fioritura al termine della Seconda guerra mondiale: finalmente liberi dall’oppressione fascista, i cineasti nazionali possono osservare e scrutare la realtà senza costrizioni. È in questo periodo che nasce il “Neorealismo”, una corrente cinematografica che mira a mostrare la realtà per com’è senza alcuna ricostruzione artefatta. I suoi massimi esponenti sono Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Giuseppe De Santis e Luchino Visconti. Girano per le strade e in esterna con pochi tecnici, scelgono come protagonisti dei loro film persone comuni. A loro dobbiamo opere d’arte immortali quali “Roma città aperta” (1945) di Rossellini, e “ladri di biciclette” (1948) di De Sica.

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La nouvelle vague

Archiviato il dopoguerra, mentre la società si fa sempre più complessa, emergono le necessità dei nuovi protagonisti della cultura: i giovani, gli operai, le donne. Sono i prodromi dei movimenti di protesta del 1968, di cui il cinema si farà portavoce mettendo in discussione la cinematografia tradizionale, ormai troppo lontana dalla realtà.

In particolare in Francia, negli anni ’60, si assiste alla nascita di un nuovo movimento cinematografico che verrà definito “nouvelle vague” dai giornalisti. Stanchi del vecchio cinema francese, caratterizzato da un forte distacco dai problemi quotidiani, giovani cineasti come François Truffaut e Jean-Luc Godard si mettono al lavoro per mostrare alle nuove generazioni un modo di fare cinema più fedele alla realtà della vita nelle strade delle città.

È un movimento cinematografico di rottura che mira a schernire il passato nelle sue forme autoritarie, mostrando una sincerità mai vista prima d’ora: la giovane età dei registi, la stessa dei ragazzi della Francia dell’epoca, crea un immediato legame col pubblico a cui si rivolgono; anche se girati con poche risorse, i loro film aprono le pagine del diario intimo di una nuova generazione che ribolle sotto la sua apparente disinvoltura e può finalmente vedere se stessa sullo schermo.

La nouvelle vague vive di scelte poetiche e stilistiche figlie in parte del neorealismo italiano: le sceneggiature sono aperte, pronte a essere contaminate dall’improvvisazione, le riprese vengono fatte all’aperto o in interni non ricostruiti. Rispetto a Hollywood, è un cinema nuovo, fresco, diretto, spontaneo e immediato, che rimette in discussione i canoni del linguaggio tradizionale. Mentre i film statunitensi nascondono il mezzo cinematografico, i registi francesi cercano di rivelarne la presenza attraverso la rottura delle regole. Così in “Fino all’ultimo respiro” Jean-Paul Belmondo parla direttamente alla telecamera durante il suo monologo.

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Walt Disney

Accanto alla produzione cinematografica tradizionale, si è sviluppato il cinema d’animazione, favorito dall’introduzione del sonoro. Il primo cortometraggio di questo genere risale al 1928: si tratta di “Dinner Time”, diretto da Paul Terry. Nonostante il poco successo, trova un importante ammiratore e imitatore in Walt Disney, che solo tre mesi dopo presenterà sullo schermo il personaggio di Topolino proiettando “Stemboat Willie”.

Disney intuisce subito l’importanza della musica per i suoi cartoni animati, così inizia a perfezionare la tecnica che verrà chiamata Mickey Mousing, sperimentando sul sonoro attraverso la sincronia tra le azioni sullo schermo e gli effetti sonori (suoni onomatopeici e musica di accompagnamento). Con i fondi del produttore Pat Powers, produce e distribuisce Cinephone, un sistema di sincronizzazione sonoro.

Il successo di “Stemboat Willie” lo spinge a sonorizzare anche i due precedenti capitoli dedicati a Topolino, creando una perfetta sinergia tra l’immagine animata e gli effetti sonori. Manca un ultimo tassello, il colore: Disney utilizzerà il processo di colorazione a tre colori della Technicolor per il suo cartone animato del 1932 “Flowers and Trees”, che vincerà l’Oscar in qualità di miglior cortometraggio d’animazione, segnando l’inizio della fortuna degli Walt Disney Studios.

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I migliori film di animazione

In principio vi fu “Biancaneve e i sette nani”, il primo lungometraggio di animazione in grado di rivaleggiare il cinema classico. È un’impresa storica che Walt Disney realizzò pensando già al futuro, con altri film pronti a essere realizzati grazie all’uso delle migliori tecnologie del settore. Fra questi rientra “La carica dei 101”, realizzato in modo innovativo utilizzando lucidi fotocopiati anziché i disegni di ogni fotogramma.

“Chi ha incastrato Roger Rabbit?” è uno di quei film che ha catturato l’immaginario di più generazioni. Mescolando sapientemente animazione e live action, la pellicola esce alla fine degli anni ’80, in un periodo in cui il pubblico sembra aver perso interesse per i cartoni animati. L’esperimento è notevole perché si avvale di un cast di personaggi d’eccezione, provenienti dai più disparati studi di animazione.

“La città incantata” è il bellissimo lungometraggio d’animazione di Hayao Miyazaki vincitore del festival di Berlino nel 2002 e dell’Oscar come miglior film del suo genere nel 2003. Consacra definitivamente l’immaginario culturale giapponese in occidente.

A rivoluzionare il genere a metà degli anni ’90 è “Toy Story”: realizzato dalla Pixar in computer grafica, incanta ragazzini e adulti di tutto il mondo con una narrazione sofisticata e delle immagini virtuali che indicano la strada da seguire per concepire in modo nuovo l’animazione.